Pillole di poesia: Mallarmé

In questa raccolta di poesie e di prose, emerge con forza l’iter stilistico che l’opera di Mallarmé ha percorso nel tempo. Sin dalle prime composizioni che si nutrono di forme classiche, si scorgono tuttavia quei distintivi che ritorneranno con pertinacia a siglare la sua produzione. Marcati da una evidente difficoltà interpretativa, i suoi versi contengono un’attualità che, seppur talvolta fuori tempo, costituisce la radice terrena della sua indeterminatezza. Il suo canto trae linfa dai lutti, dalla crisi e dalle inquietudini della sua storia personale che, mutatis mutandis, non si discostano dalle irrequietezze che affollano la nostra modernità. Ma dal mondo fenomenico si distacca progressivamente e questa sua astrazione dalla referenzialità si registra nella rottura dei paradigmi poetici; per fare questo, per assegnare alla poesia una levatura suprema, riedifica il mondo su un linguaggio che diserta l’irregolarità della sua natura: è qui che nascono le complicazioni ermeneutiche. Tutto esiste in funzione dello stile, dei legami tra le parole, della sintassi, di quella rete verbale che il poeta annoda come un merletto.

Infatti, il rapporto tra parola e immagine si lega direttamente alla questione del linguaggio e occupa un rilievo principe nei suoi carmi. Accanto alle numerose suggestioni foniche, fatte di rime, allitterazioni e assonanze, si trova una grande abbondanza di suggestioni visive e di immagini; Mallarmé forza al massimo i limiti del linguaggio per riuscire a creare, attraverso esso, una scrittura squisitamente visiva.

L’enigmatico Mallarmé ha portato alle estreme conseguenze la spaccatura già romantica fra la parola e il mondo, incaricando la letteratura di sopperire, seppur in modo transitorio, all’assenza del Sacro.

Tale modus operandi potrebbe essere letto come una vera e propria “politica della scrittura”, come ha sostenuto Jacques Rancière, di stampo anarchico, ma lontana da ogni individualistico solipsismo.

Buona lettura! (M.)

2 commenti

  1. […] Convinto, in quanto autore, di possedere il privilegio di avere accesso ai significati remoti dei simboli e delle corrispondenze delle cose, diede vita ad una poesia contraddistinta dall’anelito all’elevazione e all’evasione dalla vita reale, ma anche da un profondo senso di angoscia, data dalla strenua aspirazione ad andare al di là delle cose materiali, per accedere alla parola pura, spogliata di ogni significato realistico. Si sciolgono così i vincoli della logica e della sintassi: la parola si fa musica e magia evocativa. Sono queste le caratteristiche che lo rendono uno dei precursori della poesia del Novecento, del futurismo e dei “poeti visivi”. Su di lui avevamo pubblicato l’articolo Pillole di poesia: Mallarmé. […]

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