Incipit del giorno – 27 novembre 2023.

«Non torneremo alla normalità, perché la normalità era il problema.»
Questa scritta, proiettata a caratteri cubitali su un edificio di Santiago del Cile dal collettivo Delight Lab a sostegno delle mobilitazioni sociali, è poi rimbalzata da una parte all’altra del mondo, fino ai muri di Hong Kong.
La pandemia da Covid-19 che ha travolto la gran parte del pianeta è partita come un’emergenza sanitaria, ma si è immediatamente trasformata anche in emergenza economica e sociale, intrecciandosi a quella climatica che già da tempo minaccia il pianeta e l’umanità. Ha sfidato il concetto stesso di confine, mostrandone tutta la volatilità quando in un primo momento i Paesi hanno pensato di salvarsi isolando quelli colpiti, salvo scoprire poco dopo di aver già contratto il medesimo virus.
Oltre ad avere strappato milioni di vite, la pandemia ha colpito al cuore la socialità, la mobilità, ci ha sottratto sorrisi sotto le mascherine e rubato abbracci che nessuno ci restituirà. Ha costretto a distanze fisiche che hanno acuito quelle sociali, aggravando le diseguaglianze e generando nuovi bisogni. Ha mandato in crisi aziende e colpito duramente chi lavora. Ha messo in luce il ruolo insostituibile del pubblico, ma anche tutta la fragilità degli Stati e delle democrazie. Ha fatto emergere, mentre il resto si fermava, l’essenzialità dei beni comuni e dei diritti universali da proteggere: la salute, l’ambiente, l’istruzione, il lavoro.
Quale mondo ne verrà fuori dipende da noi. Noi come persone che lo abitano, come cittadinə, come attivista, come rappresentanti impegnati in politica fuori e dentro le istituzioni. Dipende dalle scelte che faremo. Non ne usciremo automaticamente migliori, se non cambieremo sin dalle fondamenta un modello di sviluppo insostenibile che genera diseguaglianze e sfruttamento, consumando e devastando il pianeta.

Elly Schlein, La nostra parte, Mondadori, Milano, 2022.

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