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Nata a Somers Town il 30 agosto 1797 e morta a Londra il 1° febbraio 1851, Mary Shelley era figlia di Mary Wollstonecraft, autrice della prima dichiarazione dei diritti delle donne ma morta poco dopo la sua nascita, e del filosofo William Godwin. Dotata di viva intelligenza, imparò il greco, il latino, il francese e l’italiano. Ma l’incontro fatale avvenne a 16 anni con Percy Bysshe Shelley, allora invischiato in un problematico rapporto coniugale, e che in lei ritenne di aver trovato “la donna che aveva tutti i requisiti della moglie ideale, perché capace di sentire la poesia e capire la filosofia”. Quando poi, in seguito al suicidio della moglie, il poeta fu ritenuto inidoneo alla custodia dei figli, per evitare che lo stesso accadesse anche al bambino che intanto avevano avuto, abbandonarono l’Inghilterra. Per alcuni anni Mary e Percy Shelley si spostarono tra la Svizzera e varie città italiane, in precarie condizioni economiche e in un torbido circolo letterario di cui faceva parte anche Byron con la sua amante di allora. Ma proprio il sodalizio dal sapore vagamente filmistico doveva ispirare a Mary il suo romanzo più famoso, Frankenstein o il moderno Prometeo, di cui lei stessa raccontò più tardi la genesi.
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In una piovosa estate che li costringeva in casa per giornate intere, narra Mary, davanti al fuoco di Villa Deodati dove trascorrevano il tempo leggendo storie di fantasmi, un giorno che il discorso cadde sugli esperimenti sulla materia di Erasmus Darwin (nonno del più celebre nipote), fu Byron stesso a proporre il gioco di scrivere ciascuno un racconto dell’orrore. La Shelley, affascinata dai romanzi di spettri, e intrigata dall’idea dello scienziato che rianima un cadavere con conseguenze terrificanti, si accinse a dare il suo contributo. E ne scaturì uno dei pilastri del romanzo gotico, su cui innestò componenti colte e “scientifiche”, dal mito di Prometeo al Faust, passando per il Satana miltoniano, dal galvanismo all’anarchismo filosofico del padre Godwin.

Pubblicato con successo nel 1818, quando l’autrice aveva poco più di vent’anni, il romanzo narra l’esperimento di un giovane studioso svizzero di nome Frankenstein, di infondere la vita a una creatura costruita con accozzaglie di parti anatomiche sottratte a vari cadaveri. Ne risulta un essere tanto mostruoso da non avere altro che il nome del suo artefice. Tabula rasa al momento della nascita, benché non privo di bontà e mitezza, per la sua diversità il mostro riesce solo a suscitare panico e sgomento. A lui non sono consentiti né gioia né amore, poiché l’unico sentimento che conosce è l’odio verso il mondo che non può amarlo e verso chi lo ha generato a tale sofferenza. E come le furie inseguono per tutta la vita un colpevole, così la creatura di Frankenstein non dà tregua al suo artefice fino alla morte.
Malgrado il successo, tutto mutò con la tragica fine di Shelley, che imbarcatosi insieme a due amici, per l’improvviso deterioramento del tempo fece naufragio, e i loro corpi furono restituiti solo qualche giorno dopo sulla spiaggia di Viareggio. E là, durante la cremazione alla presenza di Byron, Mary volle che fossero versati sul rogo incensi e oli aromatici, come per il funerale di Miseno nel sesto libro dell’Eneide. Quindi, estrattone il cuore che le fu consegnato in una scatola di legno, le spoglie andarono sepolte nel cimitero acattolico di Roma, accanto a quelle del figlio William, e dove già da un anno riposava l’altro grande poeta e amico, Keats.
Ritornata in Inghilterra con l’ultimo figlio rimasto, Mary ottenne dal suocero un appannaggio per vivere, e si diede alla stesura di nuove opere, come Valperga, or the Life and Adventures of Castruccio, Prince of Lucca (1823), e The last man (1826). Il suo ultimo romanzo, Peter Folker, apparve nel 1837, dopo che molto interesse avevano suscitato anche i suoi libri di viaggio, le biografie di Petrarca, Boccaccio e Machiavelli, nonché un’appassionata autobiografia apparsa nel 1835 sotto il titolo di Lodore. E solo nel 1839, caduta l’interdizione a occuparsi delle opere del marito (morto in odore di eresia), poté riprendere a pubblicarne le poesie, arricchendole di preziose note biografiche.
Gli ultimi anni furono segnati da gravi emicranie e da altri disturbi che le impedivano di leggere e scrivere, al punto che, presagendo la fine non lontana, chiese di essere sepolta accanto al padre e alla madre. Dopo la morte, avvenuta a cinquantatré anni per un probabile tumore al cervello, nei cassetti della sua scrivania furono rinvenute alcune ciocche dei capelli dei figli, una copia di Adonais di Shelley, e una pagina ripiegata intorno a un involucro che conteneva il cuore incenerito del suo grande poeta…

[…] che a vent’anni diede vita ad un libro immortale? Allora recuperate l’articolo Mary Shelley Wollstonecraft: tra mostri e poeti, la vita straordinaria della creatrice di Frankenst… […]
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[…] online 🦇 Letture a go-gotico. Gerardo e io abbiamo commentato insieme a voi Frankenstein di Mary Shelley, la cui lettura ci ha tenuti occupati tra febbraio e aprile. Grazie anche alla vostra […]
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