Voglia di viaggiare con Kostantinos Kavafis

3 minuti

Il destino di nascere e morire nello stesso giorno che toccò a William Shakespeare fu anche quello di Kostantinos Kavafis, nato ad Alessandria d’Egitto il 29 aprile del 1863 ed ivi morto nell’ora del settantesimo compleanno nel 1933, e di cui dunque oggi ricorre il doppio anniversario. Diversa invece è stata la loro ricezione tra gli uomini, visto che a fronte della gloria universale che da secoli lustra il bardo inglese, Kavafis solo da alcuni decenni è uscito dal cono d’ombra in cui fu contratto per tutta la vita, conquistandosi comunque un posto sempre più di rilievo. Altro elemento che accomuna i due poeti è che la produzione di Kavafis ammonta a sole 154 poesie, esattamente il numero dei sonetti shakesperiani! E che si tratti di un omaggio o di un caso, resta un’intrigante coincidenza.

Nato ad Alessandria d’Egitto, se si eccettuano alcuni soggiorni a Liverpool e a Costantinopoli, Kavafis vi trascorse tutta la vita, sostanzialmente da isolato. Di certo a ostracizzarlo contribuì la sua critica alla chiesa ortodossa o al patriottismo, ma forse ancora più la condanna cristiana dell’amore infecondo, che lo segregò in una stanza buia, dove la finestra della libertà si apriva solo sulla fantasia non sempre rasserenatrice.

In queste stanze oscure dove passo
giorni pesanti, qua e la vagando
per trovare finestre, se mai una
casomai mi s’aprisse.
Ma qui non ce ne sono, o sono io
che non ne so trovare. E forse è meglio
così. Forse la luce
procurerebbe solo altra tortura.

Konstantinos Kavafis - A black and white photo of a man in a suit and tie -  PICRYL - Public Domain Media Search Engine Public Domain Search
Kostantinos Kavafis

Pure era da quel tugurio che evadeva verso spazi interiori o storici, per estrarre, come Baudelaire, bellezza dal fango. Ma intanto per vivere Kavafis si manteneva lavorando come giornalista, agente di borsa o interprete presso il settore delle immigrazioni del Ministero dei lavori pubblici. Per il resto questo recluso pubblicò alcune poesie che non gli diedero mai quel riconoscimento che dopo la morte lo avrebbe posto tra i grandi poeti del secolo scorso, benché la sua fama resti ancora inferiore ai meriti. Poesie che, pur rievocando personalità della cultura ellenistica, parlano delle incertezze del futuro e del bisogno di spendere con dignità una vita preziosa:

E se la vita non puoi farla come
vorresti, almeno tenta quanto puoi:
non la invilire troppo nel contatto
col mondo, in frenesie o in vane ciance.

Dicevamo Baudelaire, e non per caso: ché proprio a lui va la mente con la più nota poesia di Kavafis, incentrata sull’idea del viaggio. Solo che, mentre il poeta francese, dopo aver considerato che il mondo immenso agli occhi del fanciullo si restringe sempre più agli occhi di chi l’ha percorso (amer savoir, celui qu’on tire du voyage), chiede infine al “vecchio capitano” della morte di salpare verso l’ignoto per ritrovare il nuovo, Kavafis delega a Itaca il senso stesso dell’andare.

Se in viaggio ti metti verso Itaca
auspica che sia lunga la tua strada
e piena di esperienze e conoscenze.
(…)

Itaca t’ha donato il bel viaggio.
Non saresti partito senza di essa,
e nulla ha più da darti.

Un viaggio che dunque funge al tempo stesso da causa efficiente e finale, come quello dell’Ulisse dantesco, col miraggio il cui approdo potrebbe essere fatale o non essere del tutto. Ma poco importa. La meta non è quella che possiamo raggiungere o anche no, ma è insita nella molla stessa che ci ha messi in moto, e senza cui non ci saremmo neanche imbarcati. Ecco allora che Itaca diventa non l’approdo ma la metafora di una vita che senza quel miraggio, svilita, statica e inerte, smarrirebbe il suo stesso senso, se mai ne ha uno…

(Le traduzioni sono mie)

Entra a far parte della community

Unisciti gratuitamente a centinaia di nostri abbonati e abbonate, e sii il primo a conoscere nuovi contenuti.

3 commenti

Lascia un commento