Sofisti Minori: forza della giustizia o giustizia della forza?

Briciola di filosofia #26

6 minuti

Trovate le puntate precedenti, sulla pagina dedicata a questa rubrica: Briciole di filosofia


Com’è che gli uomini, animali sostanzialmente egoisti e individualisti, decantano i nobili sentimenti di altruismo e generosità? Perché, almeno a chiacchiere, sono pronti a lodare virtù, giustizia e diritti civili, mentre vituperano vizio, ingiustizia e crudeltà? Perché in una narrazione quasi mai parteggiano per il criminale (a meno che non sia un giustiziere…) e fanno il tifo per il salvatore del mondo, il tutore della legge, il probo e l’onesto, e insomma per l’eroe buono?

ANTIFONTE – Ecco un tipo di questioni a cui sofisti minori rispetto a Protagora e Gorgia offrirono soluzioni spesso scioccanti ma utili per estrarre il cervello di salamoia. A cominciare da Antifonte, che diede alla sua inchiesta una sterzata etico-politica, denunciando il contrasto tra cultura e natura, la prima accidentale e la seconda universale. A provarlo ideò l’esempio eloquente che se qualcuno commette un’infrazione senza essere scoperto (mettiamo che rubi), non gli succede niente; ma chi viola una prescrizione naturale (mettiamo quella di gravità), che sia scoperto o meno va inevitabilmente a sfracellarsi sul fondo. Ciò accade perché la normativa pubblica altro non è che convenzione astratta e persino contraddittoria, se pensiamo che, contro il suo stesso principio per cui si può restituire un torto solo a chi ce l’ha fatto, può imporre di testimoniare contro uno da cui non abbiamo ricevuto alcun male… Come dire che opponendo un freno all’innocenza dell’istinto aumenta nei soggetti la sofferenza e ne limita il piacere (e ci par di sentire Nietzsche…). Non c’è da sorprendersi allora che Antifonte negasse qualsiasi privilegio di casta, razza o ceto, spingendosi a dichiarare una scandalosa equiparazione tra greci e barbari (altrimenti detti immigrati…)

PRODICO DI CEO –Sul dissidio tra natura e civiltà, codificazione e spontaneità, diritti e pretese, fu portato a riflettere anche Prodico di Ceo, un altro viandante che accumulò successo e denaro percorrendo in lungo e in largo la Grecia. Al quesito perché mai gli uomini esaltino nobili atti contro i turpi, ricorse alla favola che Ercole, a cui virtù e malvagità sotto vezzose sembianze femminili vantavano i propri pregi, si decise per la prima, così inaugurandone l’idealizzazione. Più concretamente, tra la depravazione di chi vive del lavoro altrui e di chi onora le opere buone e utili, usufruendo con moderazione dei diletti, la scelta è di buon senso…

IPPIA –Rischiamo di essere ingenerosi verso Ippia, che l’aristocratico Platone bersagliò in ben due dialoghi, in parte per la pretesa del sapere enciclopedico di cui menava vanto, ritenendosi in grado di risolvere qualsiasi busillis; ma ancor più per la convinzione che la legge è tirannica e innaturale. Invero per lui l’equilibrio sarebbe possibile, se ci affidassimo all’apprendimento di tutte le arti che sappiano unire piuttosto che dividere, per fondare nell’universalismo politico e nel cosmopolitismo la basilare equivalenza degli uomini.

CRIZIA – Un po’ meno severo Platone fu con Crizia, il cui fratello Glaucone era suo nonno. Autore di una Costituzione in cui confrontava quella di Atene con quella di altre città, Crizia esaltò il modo di vita spartano, al punto che quando Atene fu sconfitta morì combattendo contro i democratici. Quanto basta per capire che non si faceva illusioni sulla democrazia, che doveva sembrargli solo un mascheramento astuto. Non ostile per principio ai patti, Crizia la ritiene tuttavia insoddisfacente a impedire il male fatto di nascosto. Ed ecco allora che qualcuno inventò il timore degli dèi, per terrorizzare i malvagi nei loro pensieri reconditi, e facendo della religione un magnifico instrumentum regni. Resta però che, per quanto frutto di bugie, sia le norme che la religione hanno il merito di incivilire un po’ l’uomo, impedendogli di ripiombare nel primitivo stato di barbarie e ferinità.

ALCIDAMANTE – Spostando su un terreno più insidioso la contesa, Alcidamante ne derivava il diritto alla supremazia del più forte. Tesi, questa, che dovrebbe indurre a una ragionevole meditazione, quando il dialogo poggia sulla strategia. Esemplare in proposito l’irrisione, riportata da Tucidide, degli ateniesi ai ribelli di Melo: se voi vi affidate al diritto, o a criteri di imparzialità condivisa, noi da parte nostra abbiamo le armi… Sappiamo che il rifiuto dei melii diede luogo a una rappresaglia spietata, con la distruzione della città, lo sterminio di tutti gli uomini, e la deportazione come schiavi di donne e bambini… Ma non sono proprio sicuro che questo accadesse ca. 25 secoli fa…

CALLICLE – Né troppo diversa era la tesi sostenuta da Callicle nello stabilire addirittura l’equazione tra la giustizia e la forza. Anche se, senza ipocrisia, non ne faceva solo appannaggio dei sistemi autocratici, ma l’estendeva ecumenicamente anche ai regimi oligarchici e democratici. Come dire che non c’è costituzione che tenga: ché se è più esplicita nei tiranni e più ipocrita nei sistemi parlamentari, la sostanza si riduce sempre a rapporti di forza

TRASIMACO – Anche per Trasimaco le leggi sono false e dannose nel pretendere di livellare uomini per struttura diseguali. In tal modo fanno violenza alla regola del…vinca il migliore. Ciò che noi chiamiamo “giusto” è in realtà il vantaggio del più muscoloso. Invece l’appiattimento democratico non è che un artificioso strumento inventato dai deboli per soverchiare le personalità dominanti, col risultato di gettare i popoli nelle mani degli imbelli…

Ci furono poi altri sofisti che si applicarono piuttosto all’eristica, divertendosi a confutare paradossalmente tutto, e a spuntarla con mille cavilli verbali, come Licofrone. Ma i due più famosi campioni di quest’arte furono i fratelli Eutidemo e Dionisidoro: di cui vi lascio un paio di perle. La prima delle quali recita che è impossibile dire che non è una cosa di cui si è già affermato che è (non posso dire che la mela non è, se già pronunciando la parola mela ne ho dichiarato l’esistenza); e la seconda nega che si possa dire il falso, poiché dire il falso equivale a riconoscerlo come vero… Generalmente i politici invasati di arzigogoli sono troppo stupidi per sollevarsi a queste vette, ma vi tendono pateticamente per asintoto…

Dopodiché, in fatto di filosofia, fin qui abbiamo appena scherzato. A partire dai prossimi numeri dovremo incominciare a fare i conti con le meningi ben più strutturate di Socrate, Platone e Aristotele, su cui, per forza di cose, dovremo soffermarci più a lungo.


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